[ Rispondi | Avanti | Indietro | Su ]

L'unico italiano sul Granma......................

Autore: birramoretti
Email: il gusto della sincerita'
Remote Name: 151.94.134.81
Date: 26/03/2008
Time: 14.25

Commenti

Cuba, morto l'italiano del Granma Donè combatté con Castro e il Che Si è spento all'età di 84 anni, Gino Doné, l'unico italiano che partecipò alla rivoluzione castrista. Doné è morto nella sua casa di San Donà di Piave dopo una vita avventurosa ma poco conosciuta. Fu l'unico italiano a salire a bordo del Granma, lo yacht usato da Fidel Castro ed altri 80 ribelli, tra cui Che Guevara, per raggiungere Cuba dal Messico e dare il via all'insurrezione armata che depose Batista nel 1959. Ma come ci finì un italiano del Veneto al fianco di Fidel Castro e Ernesto Che Guevara? Doné era stato un partigiano e aveva combattuto nella guerra di Liberazione in Italia (1943-45). Tra la fine degli anni '40 e l'inizio dei '50 emigrò a Cuba, dove sposò una donna del posto. Quasi subito entrò in contatto con i giovani dissidenti cubani, molti dei quali erano esuli in Messico. Presto divenne un collaboratore di quel gruppo, capitanato da Fidel Castro, che sognava di deporre la tirannia del dittatore Batista a Cuba. Era considerato insospettabile dal regime e così, ben presto, iniziò a fare la spola tra L'Havana e Città del Messico, dove viveva in esilio Fidel. Nei suoi viaggi, Doné portava a Fidel soldi ed altri documenti necessari per organizzare la rivolta. Proprio per la sua fedeltà e dedizione alla causa, gli fu permesso nel 1956 di salire sul Granma, la piccola imbarcazione con cui i rivoluzionari raggiunsero di nascosto le coste orientali di Cuba, per dare il via alla guerriglia. Si dice che fu lui stesso (lo confermò ma senza troppa enfasi) ad insegnare al comandante Che Guevara l'uso delle armi da guerra, a cominciare dal fucile. Doné all'epoca aveva 32 anni, due anni in più di Castro e quattro del Che. Il suo passato nelle file dei partigiani italiani, gli permise di assumere un ruolo di primo piano tra gli inesperti guerriglieri di Castro. Ma qualche mese prima della vittoria finale del 1959, Doné fu costretto a lasciare Cuba. I primi periodi della guerriglia sulla Sierra Maestra, in cui tutti i "barbudos" erano una specie di grande famiglia, erano ormai divenuti un ricordo con l'inevitabile scesa a valle del gruppo che si era mischiato ai contadini in rivolta e sfilacciato nella campagne. Fu in quel momento che il regime di Batista se la prese con l'insospettabile italiano, divenuto un nemico dichiarato e ricercato dalla polizia, non più protetto dagli uomini del Che. Doné così fuggì a New York dove fece molti umili lavori. Dopo la vittoria di Fidel, tentò di rientrare a Cuba ma non gli fu concesso il visto di ingresso. In quell'occasione Doné non disse nulla, non provò nemmeno a ricordare ai funzionari della rivoluzione che ruolo avesse avuto nella guerriglia. Qualcuno, molti anni dopo, gli chiese perché non disse chi era. E lui, con moltaa semplicità, rispose di non aver voluto svelare la sua identità per evitare di darsi delle arie. Così girò i tacchi, tornò in Italia e permise a Cuba di dimenticarsi di lui.


Ultimo aggiornamento: 01-04-08