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Autore: Gorito
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Date: 24/07/2006
Time: 19.02
Ciao Carmen,
certo che "La Siesta" è un capolavoro, come lo è d'altronde "La casa encantada" di Sosabravo. Solo che un secolo di storia li separa, e il bello è riuscire ad apprezzarli entrambi, tenendo presente le rispettive epoche.
Dicevi poi dello "stratagemma del sistema" per diffondere l'immagine di Cuba nel mondo. A me pare che utilizzando sportivi, artisti e vari miti locali, si cerchi soltanto di mettere in evidenza i punti di riferimento più positivi che offre il paese. Fanno un'opera di marketing tutto sommato molto semplice . Anche l'Italia mette in prima fila la sua cultura, la storia, l'ambiente, la cucina, il vino ecc. per promuovere il territorio. Cuba è già di per sé un paese dalla forte personalità, immediatamente ricollegabile a certi elementi (sigari, rum, musica, ballo, clima, storia, ambiente, mare, la Revoluçion, el Che, ecc. ecc.) riconosciuti da chiunque abiti il pianeta Terra. Non credo che il target sia di attirare clienti della sinistra europea in particolare, forse la volontà negli ultimi anni è stata soprattutto quella di orientarsi verso un turismo più facoltoso, cioè che spende di più e cerca la diversità. Non per niente, a partire dal 98, vi è stata la grande ondata di repressione del fenomeno delle jineteras (senza però eliminarlo del tutto, ... forse volutamente?) cercando di dare una ripulita a quella immagine di meta di turismo sessuale, la quale scoraggiava senz'altro altre fasce di potenziali visitatori. Lo stato ha poi cercato di incanalare il turismo in percorsi prestabiliti, come in certe zone dell'Avana Vieja restaurata dove sembra quasi di trovarsi a Firenze, oppure nei luoghi "off limits" per i cubani (Cayo Largo, Varadero...), investendo inoltre in enormi complessi alberghieri. Non per niente si cerca ora di limitare il guadagno dei privati (paladares, affittacamere ecc.) a favore delle strutture statali. Chi ci guadagna con tutto questo è evidentemente il regime, e spesso a discapito del popolo che si deve accontentare delle briciole.
Da un punto di vista qual'è il tuo (o ancor di più da quello di un cubano che vive a Cuba), si può, a ragione, vedere la situazione descritta come "nera". Ma l'opera di propaganda turistica è stata comunque efficace nel limare le sbavature e nel nascondere le molte patologie del sistema, almeno agli occhi dei turisti occasionali, cioè quelli che viaggiano in gruppo o con la famiglia, che si fermano in un hotel o un villaggio, e che si fanno il classico trip di mare e cultura e entrano poco in contatto con la realtà dei cubani. Credo che il governo abbia soprattutto voluto puntare su questo tipo di turismo. La differenza tra il tuo punto di vista e quello di un turista sta soprattutto nella percezione della realtà. Uno straniero conosce quel poco che riesce a vedere, e si cerca di offrire ai suoi occhi l'immagine di un paese "normale". Difficilmente un turista europeo, americano o giapponese avrà la sensazione di trovarsi a Cuba in un paese dalla feroce dittatura, crederà al limite di trovarsi in una "allegra dittatura musicale", apprezzerà la sicurezza di muoversi per strada, e difficilmente capirà il resto (o poco gli importerà). Fidel stesso, con i suoi show televisivi e la sua abilità comunicativa, la sua demagogia (come farsi fotografare con bambini in braccio come un nonno affettuoso) riesce spesso a girare la frittata a suo favore e a farsi passare per un personaggio quasi simpatico (basta vederlo nel film di Oliver Stone). Certamente non un Pinochet o un Saddam Hussein.
Infine, una curiosa anomalia che ora mi viene in mente, tanto per ricordare che il più grande colpo pubblicitario degli ultimi anni a favore di Cuba è stato messo a segno (paradossalmente e senz'altro involontariamente) da un musicista/produttore statunitense (Ry Cooder) e da un regista tedesco (Wim Wenders) con il fenomeno "Buena Vista Social Club" che era a tutti gli effetti un film "contro", ma che ha senz'altro contribuito a attirare a Cuba milioni di persone. Non si può infatti non vedere la critica a traverso le immagini delle scritte inneggianti alla Revoluçion che cadono a pezzi e i vecchietti musicisti salvati dall'oblio in estasi a Time Square o di fronte alla Statua della Libertà. Mi ricordo che nell'anno dell'uscita del film (forse il 99?), andavi all'Avana a chiedere di Compay Segundo e i cubani ti dicevano: Compay chi? E Ibrahim Ferrer se lo ricordavano al limite come il lustrascarpe dell'angolo della strada. Per forza di cose, dato che quel film, che non rendeva certo un'immagine esaltante del paese e del suo sistema (anche se soltanto con velate allusioni) non era stato visto da nessun cubano.
Scusa per la lungaggine. Ciao, a presto.
Joe Gorito